A casa di Erika
22 Maggio 2000
Andrea Franchi, Jeppe Catalano, Erika Giansanti, Gionni Dall'Orto

La chiacchierata si è svolta in due parti, prima con il solo Andrea Franchi, ex-chitarra, attuale batteria della formazione, poi con Gionni Dall'Orto, basso, Erika Giansanti, viola, e Jeppe Catalano, primo batterista della formazione.

Andrea Franchi

Come hai iniziato? Sia con la musica che con Marco.
Ho iniziato a suonare la chitarra a 16 anni; più tardi, nel '92, ho iniziato a scrivere canzoni e a suonare le cover nei locali. Marco l'ho incontrato in uno di questi locali, dove suonava il be-bop, e, quando ha avuto il bisogno di un'altra chitarra per il live, mi ha tirato dentro al suo progetto.
Oltre a lavorare con Marco, sia per Testa, dì cuore che per il prossimo disco, l'ho fatto anche per uno spettacolo di danza.
Ho collaborato anche per il teatro, con Pamela Villoresi, Maurizio Panici, che sono registi e attori, Massimo Nunzi e Luciano Vavolo, come musicisti.
Ho fatto una data nel Qoelet di Chimenti, ho studiato chitarra con Massimo Fantoni. Ho anche vinto un concorso nazionale di cantautori a Teramo.

Ti abbiamo visto, prima del concerto di Grassina (Marco suonò insieme a Stefano Bollani, NdA). Erano tue canzoni?
Si. Ho iniziato a scriverle in maniera del tutto naturale. Per comunicare qualcosa, sia agli altri che a me stesso. Il primo confronto lo devi fare sempre con te stesso.

Il passaggio dalla chitarra alla batteria com'è avvenuto?
Più che un passaggio, è stata una scoperta. E' iniziato quasi per gioco, abbiamo detto 'Capita questa cosa, proviamo!'. Siamo rimasti contenti e siamo andati avanti finché Marco ha deciso di darmi le bacchette in mano. In un mese siamo riusciti a mettere su uno spettacolo.

Collabori anche alla lavorazione delle canzoni?
Si, agli arrangiamenti. A volte, abbiamo messo giù delle idee insieme.
Per adesso le canzoni le scrive lui e le porta in sala prove già quasi fatte.

Ti è mai venuto voglia di metterci qualcosa di tuo?
Di nostro ci mettiamo sempre qualcosa. A livello di arrangiamenti è molto aperto. Ognuno mette del suo, se poi non va bene siamo pronti anche a riguardare tutto.

Con Marco cosa ti sembra di avere in comune?
Forse la stessa scuola per quel che riguarda le idee musicali, i gusti. Una vicinanza in alcune cose la si può ritrovare.

Che canzoni preferisci di Marco?
E' difficile. Potrei dirti Eri, L'ultima cena del primo e Succhiatori del secondo.
Come album preferisco il secondo: è più maturo sotto molti aspetti.

Come vivi il live?
Il live è buono. Da quando suono la batteria mi diverto...

Prima no?
Prima era molto più dura, adesso si respira di più. In sei , con le viole, le chitarre, la voce, i controcanti, era difficile. Si riusciva male a conquistare lo spazio per esprimersi.

Con il disco nuovo come va?
Abbiamo provato molto, delle canzoni siamo contenti però fino a che non ci sono delle date...
Le canzoni comunque vengono bene, c'è un approccio più viscerale. Oltre a ricercare suoni e arrangiamenti ci cerchiamo anche fra di noi, come musicisti.

Lavori anche ad altri progetti?
Ho il mio gruppo. Sto mandando avanti questo progetto, uscendo come cantautore, quindi a nome mio: Andrea Franchi. Ho fatto un demo che ho già mandato un po' in giro, ne farò un altro e poi sto provando con il gruppo per preparare il concerto. Speriamo di riuscire a suonare entro l'estate.

Jeppe Catalano, Erika Giansanti, Gionni Dall'Orto

Stessa domanda fatta ad Andrea: come avete iniziato con la musica? Come avete iniziato con Marco?
JEPPE - Mi regalarono una chitarra verso i 6-7 anni. Al liceo, insieme a Gionni, feci un gruppetto. Mi appassionai alla batteria, ne noleggiai una e da lì muovemmo i nostri primi passi. Più avanti mi appassionai alla registrazione, volevo fermare le cose che facevamo con il nostro primo gruppo. Racimolate le prime cose, venni contattato da Pino de Salvo, che mi disse di avere un gruppo da farmi registrare, gli Otto 'P' Notri, nei quali c'era Marco alla batteria. Abbiamo collaborato molto alla registrazione degli Otto 'P' Notri, gruppo dalla storia travagliata ma assolutamente da notare. Poi, quando Marco abbandonò quella situazione per fare le sue canzoni, mi proposi come batterista.
Facemmo molte prove insieme e, dopo, venne fuori il primo disco: Eppur non basta. Abbiamo suonato insieme per un bel po' fino a due estati fa, quando ho abbandonato. Adesso ci troviamo di nuovo insieme, dove ritorno in veste di fonico. Lavoreremo per lo spettacolo di musica e danza.

Anche nella Forma eravate insieme...
JEPPE - Si può dire che nella Forma c'è stato il suo debutto come cantante.

Tu, Erika, invece?
ERIKA - Io ho iniziato presto, però suonando sempre da sola. Da piccola con il canto corale e il flauto. Dopo è venuto il violino, al conservatorio, che non è, a mio avviso, il massimo per suonare insieme ad altre persone: sei lì con il direttore e con davanti la musica già scritta e già fatta.
Ho conosciuto prima Gionni, che era amico di Jeppe, poi, dato che gli Otto 'P' Notri erano sempre a casa di Jeppe, per registrare, ho conosciuto anche Marco. La casa di Jeppe era una casa, un pub e uno studio di registrazione. Pochi giorni dopo aver iniziato a suonare la viola, ho conosciuto Marco, che aveva già il suo progetto in mente. Io però gli risposi di aspettare un po' di mesi perché non mi sentivo in grado. Non abbiamo aspettato poi tanto.
Ho suonato sempre con lui. A parte qualche collaborazione sparsa però non ho vissuto l'esperienza di suonare insieme alle persone come loro, dall'adolescenza: prima avevo il mio mondo musicale, con la musica che suonavo che era al di fuori di tutta la mia vita, adesso invece tutto si è riequilibrato.

Hai collaborato nel disco di Ginevra di Marco, vero (Erika è presente in Voci di richiamo, NdA)?
ERIKA - Si,e anche con un altro gruppo che si chiama la Macchina Ossuta.

Adesso Gionni tocca a te…
GIONNI - Andavo al liceo con Jeppe, con il quale frequentavo una compagnia formata, tra gli altri da Carlo Cantini, fonico dalla Bandabardò e Angelo Teardo, cantante dei Soundabout. Prima c'è stato il gruppo di cui vi ha già parlato Jeppe, dal quale mi sono staccato quando è diventata Forma. Ho iniziato a suonare, insieme ad Angelo Teardo e Stefano Bottai, che adesso è nei Macchina Ossuta, in un gruppo chiamato Strange Fruit.
In seguito ho fatto un po' di turné con gli Articolo 31.
Ho conosciuto Marco a casa di Jeppe. Mi fece sentire alcune cose che aveva fatto e che mi colpirono molto, soprattutto per i testi,e da lì iniziammo a lavorare insieme.
Oltre a suonare per Marco faccio anche altre cose come colonne sonore, spettacoli teatrali tra i quali uno insieme ad Erika, Il piccolo principe, dove lei recita anche.
ERIKA - Gionni non ha parlato di un gruppo che si chiama Noopossum, formato sempre dalle stesse persone già citate, nel quale ci scambiavamo gli strumenti e suonavamo mascherati a tema, varissimi temi..
GIONNI - Vincemmo il Rock Contest nel '96. In quel gruppo, Erika cantava...anche Jeppe.
E' carino l'aneddoto di come ho iniziato a suonare il basso, fa molto Rock Roll... Al liceo stavo dietro ad una certa Claudia che però frequentava Jeppe e Francesco Ciprani, chitarrista dei Soundabout, che adesso suona con Andrea Franchi, a me la cosa scocciava. Una volta all'uscita di scuola sentii che dicevano 'Andiamo alla grande, ci manca solo un bassista...', per caso avevo un basso, che mi era stato prestato e che non avevo mai toccato, e mi proposi. Impressionai Jeppe con un free-style alla chitarra classica così da convincerlo a prendermi. Purtroppo però, come bassista ero pessimo. Jeppe, che è stato il mio vero maestro di basso, una volta mi prese e mi disse 'Adesso impari Let it be'. Ci mettemmo lì per due ore e imparai a suonarla...

Qual' è il vostro rapporto con la musica di Marco?
JEPPE - E' stato un contesto nel quale ho avuto modo di essere molto creativo, abbiamo lavorato molto insieme provando, la sperimentazione era aperta. Negli altri progetti in cui ho lavorato bisognava seguire un determinato stile, anche nei miei primi progetti, nei quali avevo un ruolo di 'leader', le cose erano legate ad uno stile, si seguivano dei canoni. Con Marco non c'è genere, si provano i vari incastri. E' stato il progetto nel quale mi sono più espresso.. Specialmente in Eppur non basta, poi le pretese, andando avanti, sono aumentate. Sono stati i contesti nei quali, a livello inventivo, ho dato di più.
GIONNI - Non è facile dare un giudizio su una cosa che stai facendo e nella quale sei molto convinto. Quello che mi piace di più sono i testi, poi trovo che il modo di cantare di Marco sia migliorato molto, all'inizio era quasi parlato. Si sono sviluppate quasi subito delle melodie molto particolari , estremamente forti, una cosa che ti piace o non ti piace,ed ovviamente mi è piaciuta. Adesso trovo che abbia acquistato una maturità più universale, i pezzi che scrive sono melodicamente più chiari e più facilmente suonabili da uno strumento.
Un'altra cosa che mi piace molto di lui è il suo approccio verso gli strumenti: ha sempre molta pulizia , ha sempre un'idea 'pop' di trovare un giro con il suono e non come molti tecnici virtuosi che dopo aver sentito il pezzo ti fanno una cosa che non è mai uguale. Lui ha questa concezione molto 'pop' della cosa ipnotica di trovare giri 'forti'. Sull'improvvisazione poi è molto bravo. Voi che avete visto il concerto di Grassina con Bollani, vi ricorderete le percussioni sul pianoforte (durante il 'Fascino del perdente', Marco si 'immerse' nel piano per suonare le corde con le bacchette, NdA) quasi come l'assolo di chitarra con gli Otto 'P' Notri. Da queste cose ti accorgi che è un musicista con le palle.
L'altra cosa bella è la ricerca sonora che è sempre molto forte. Sebbene, come diceva Jeppe, sulle parti ritmiche ha preferito concentrarsi su una cosa canonica e, con questo nuovo assetto della band stia cercando di dare un aspetto classico, suo malgrado resta sempre molto affascinato dalla sperimentazione nell'arrangiamento. In questa cosa, molta europea, di voler fare qualcosa di nuovo piuttosto che fare qualcosa che abbia un senso, come nella tradizione nordamericana, mi ci ritrovo appieno.

Come avete avvertito il cambiamento tra il primo e il secondo disco?
GIONNI - Se devo essere sincero, all'inizio non c'ero entrato molto dentro. Una volta finiti i provini non ero molto soddisfatto. La contaminazione con l'elettronica non mi sembrava così ben risolta,e al di là di questo, si sentiva questo nuovo suono che doveva emergere ma non si sapeva bene cosa fosse. Per come ha preso forma nel disco è stata un cosa bella, per come è venuta, però molto difficile da realizzare dal vivo. I concerti, poi, sono stati belli, anche grazie all'estro del momento. Per Eppur non basta invece ci furono un sacco di prove, per questo il nuovo disco è un po' più problematico: per tutte le prove che abbiamo fatto i concerti sono stati pochi. Testa, dì cuore ha dato un maggior aspetto sonoro per quanto riguarda anche le possibilità live.

Una curiosità: le scalette per i concerti le decide Marco?
ERIKA - Si, ci pensa notte tempo e poi ce le propone.

Ad esempio,una canzone come Sopra sopra l'avete proposta poche volte.
ERIKA - Ultimamente l'abbiamo messa. Il fatto è che ci sono un sacco di pezzi che per un motivo o per un altro passano in secondo piano, ci si focalizza su altri e poi uno dice' AH....ma c'era anche questa...' .

Gli ultimi concerti che abbiamo visto sono stati quello con Bollani e Cristina Donà a Gabicce, e quello con solo le viole alla libreria Feltrinelli. Cosa cambia tra un concerto 'normale' e uno come questi?
ERIKA - cambia che uno me lo posso vedere e l'altro no....A parte tutto, è bello. Mi piace vedere le canzoni rielaborate e rivoluzionate.
Comunque queste sono necessità di adesso che abbiamo difficoltà nell'organizzare concerti veri e propri

GIONNI - E' la voglia di creare eventi particolari. E' meglio fare cose un po' diverse che fare concerti in maniera massiccia senza avere una band rodata. Altre a quelli che avete citato abbiamo fatto un concerto a Sanmarino, un trio rock, batteria-basso-chitarra. Il concerto fatto a Roma tutti insieme è andato bene però si sentiva che ancora non siamo a punto.
ERIKA - Si realizzano molte più cose suonando un concerto che con le prove perché le realizzi all'istante, 'o questo o quello' e non 'forse sarebbe meglio'. L'impatto lo vedi lo senti su di te e sugli altri.
GIONNI - Per me, nasce anche, perché, mentre in Eppur non basta c'era molta sperimentazione a livello individuale, in Testa, dì cuore si cercava di bloccare queste cose in una dimensione più funzionale al cantato.

Per quanto riguarda il terzo album?
GIONNI - Si vedrà, dipende anche dalla produzione.
E' bello comunque lavorare a cose nuove, se ti piace, dopo due o tre volte che lo suoni, inizi a percorrere un sentiero nuovo. Anche per questo facciamo tante prove, magari i pezzi andavano bene anche prima, però a forza di suonarle sempre allo stesso modo perdi lo stimolo nel farlo.

Il pubblico che avete davanti ad un concerto è importante? Le sue reazioni?
GIONNI - Assolutamente, se c'è una bella ragazza sotto suono troppo meglio...non c'è paragone
ERIKA - Io ho sempre fatto la vaga perché ho sempre avuto le mie paure. Ultimamente sono rimasta folgorata a Roma, dove facevano un sacco di cori che dovrei fare io...mi ha fatto molto piacere, soprattutto perché erano i pezzi nuovi.

Quali canzoni preferite? Paolo Clementi ci ha detto Sopra sopra e Senza voltarsi.
GIONNI - I fuochi di fine millennio e Falso movimento
JEPPE - I fuochi di fine millennio e Musica per mi piacciono molto e Karma Parente per Testa, dì cuore.
ERIKA - Sopra sopra e Il fascino del perdente.

E tra gli album?
GIONNI - Testa, dì cuore.
JEPPE - Testa, dì cuore.
ERIKA - Testa, dì cuore.

A cura di Riccardo Barlondi, Simone Civai, Sandro Dapinguente, Paolo Fidanzati

no non cambia il mondo.. se non cambia il mio..